A PEZZI


A PEZZI 
un manuale di anatomia per le nuove (de)generazioni 



concept SALVATORE INSANA, ELISA TURCO LIVERI 
performance ELISA TURCO LIVERI 
drammaturgia audiovisiva SALVATORE INSANA 
light design GIOVANNA BELLINI 
organizzazione FLAVIA PASSIGLI 
produzione COMPAGNIA DEL META-TEATRO - DEHORS/AUDELA

È sempre la testa a rompersi per prima. Si stacca dal corpo, non trova più il suo posto. Parte mancante, pezzo vacante, mina vagante, è sempre la testa a spegnersi per ultima. 

A PEZZI vorrebbe presentarsi come un manuale di anatomia distorta in cui il corpo, in ogni sua parte, entra in relazione con le specificità del linguaggio video e dell'azione scenica, giungendo in fine ad una irrisolta frammentazione, trasfigurata in chiave metaforica anche attraverso il disegno luminotecnico, la disposizione degli oggetti e del corpo nello spazio, e il già citato ricorso al video e alla lingua parlata. 

A PEZZI vorrebbe essere un percorso mirante a contrapporre tutto ciò che è corpo (incontrollabile pulsione sensibile) a tutto ciò che è cervello (misurata razionalità), nel dichiarare una impossibile via d'unione. 
Generosità del corpo che si fa e si disfa. Scorporato. E avarizia della mente, altezzosa nella sua separatezza.

NOTE DI REGIA

A pezzi perché non proprio in forma. Non rientrante in nessuna forma precisa. Piuttosto deforme (come sformare il corpo umano se non facendolo sfiancare?) 
A pezzi perché esausti, esauriti, in crisi cronica, caos e agonia del non farcela più, crollati sotto il peso della città, del mondo, degli anni, del nostro universo interiore e interpersonale. 
A pezzi perché frammentati, a compartimenti stagni in ognuno dei quali ristagna nostalgica e affannata la nostalgia di una unità (impossibile?) 
A pezzi poiché attratti da forze centrifughe (tutti a tirarci in lungo e in largo lontano dal nostro centro), multitasking e malati di zapping così come la società dei media che ci ha plasmato e corroso. 
A pezzi perché la testa non corrisponde alle azioni del corpo (tra il dire e il fare c'è di mezzo il corpo!) e viceversa, poiché il corpo non sa proseguire il percorso avviato lassù in cima.
A pezzi poiché separati, mancanti di collaborazione, di sinergia, di armonia, tra le parti. (concerto e coreografia di membra de-connesse – troppe volte visto?) 
A pezzi perché caduti rovinosamente dall'alto dei nostri sogni o dei nostri piedistalli. 
A pezzi poiché incapaci di guardarci nella nostra totalità, da una certa distanza. Dal di dentro qualche dettaglio di quelli più fondamentali e preziosi resta sempre fuori. 
A pezzi perché divisi, dis-uniti, mancanti di comunicazione/connessione tra le parti e il tutto, costruiti da segmenti diversi, mutilati nella volontà, dis-integrati nel (dal) corpo sociale e personale. 
A pezzi perché diamo/riceviamo solo porzioni limitate, fette contingentate di noi. Un corpo da ripartire. Da far ripartire. 
A pezzi perché, in via cieca di specializzazione, impariamo ad usare benissimo una parte di noi dimenticandoci o perdendo la funzionalità del resto. 
A pezzi perché prima o poi, per disattenzione, per stanchezza o sfiancamento, per ineluttabilità autoimposta, si fa scivolare l'incantesimo, lo si fa cadere, lo si rompe così come lo si fa con la testa di una bambola. 
A pezzi perché quel di che c'era all'inizio della vita o dello spettacolo alla fine restano solo i resti, i cocci. 
A pezzi perché incapaci di costruirsi, dispersi come si è in una corrente ben poco edificabile, dotati come si è di un sottosuolo psico-fisico tutt'altro che edificante. 
A pezzi perché dis-eguali nel farsi, incompiutezza di video e di corpo in scena, di documenti e oggetti, foto, diapositive, parole, musica, elettricità, luce e silenzio. 
E soprattutto e ancora, per non finire, senza pezzi di ricambio. Non ricambiati.